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venerdì 7 novembre 2008

venerdì 1 agosto 2008

Siamo in modalità "VACANZA"

Riapriamo a settembre !!

venerdì 20 giugno 2008

Ecco perchè Babbo Natale può esistere!




Come prima cosa nessuna specie conosciuta di renna può volare. Ci sono però 300.000 specie di organismi viventi ancora da classificare e, mentre la maggioranza di questi organismi è rappresentata da insetti e germi, questo non esclude completamente l'esistenza di renne volanti, che solo Babbo Natale ha visto.

Secondo, ci sono due miliardi di bambini (sotto i 18 anni) al mondo. Dato però che Babbo Natale non tratta con bambini Musulmani, Indù, Buddisti ed Ebrei questo riduce il carico di lavoro al 15% del totale, cioè circa 378 milioni. Con una media di 3,5 bambini per famiglia, si ha un totale di 98,1 milioni di locazioni. Si può presumere che ci sia almeno un bambino buono per famiglia. Babbo Natale ha 31 ore lavorative, grazie ai fusi orari e alla rotazione della terra, assumendo che viaggi da Est verso Ovest. Questo porta ad un calcolo di 822,6 visite per secondo. Questo significa che, per ogni famiglia Cristiana con almeno un bambino buono, Babbo Natale ha circa un millesimo di secondo per:

a) Trovare parcheggio (cosa questa semplice, dato che può parcheggiare sul tetto e non ha problemi di divieti di sosta)

b) Saltare giù dalla slitta

c) Scendere dal camino

d) Riempire le calze

e) Distribuire il resto dei doni sotto l'albero di Natale

f) Mangiare ciò che i bambini mettono a sua disposizione

g) Risalire dal camino

h) Saltare sulla slitta

i) Decollare per la successiva destinazione.

Assumendo che le abitazioni siano distribuite uniformemente (che sappiamo essere falso, ma accettiamo per semplicità di calcolo), stiamo parlando di 1.248 Km per ogni fermata, per un viaggio totale di 120 milioni di Km. Questo implica che la slitta di Babbo Natale viaggia a circa 1040 Km/sec, a 3000 volte la velocità del suono. Per comparazione, la sonda spaziale Ulisse (la cosa più veloce creata dall'uomo) viaggia appena a 43,84 Km/sec, e una renna media a circa 30 Km/h. Il carico della slitta aggiunge un altro interessante elemento:assumendo che ogni bambino riceva una scatola media di Lego (del peso di circa 1 Kg), la slitta porta circa 378.000 tonnellate, escludendo Babbo Natale (notoriamente soprappeso). Sulla terra, una renna può esercitare una forza di trazione di circa 150 Kg. Anche assumendo che una "renna volante" possa trainare 10 volte tanto, non è possibile muovere quella slitta con 8 o 9 renne, ne serviranno circa 214.000. Questo porta il peso, senza contare la slitta, a 575.620 tonnellate. Per comparazione, questo è circa 4 volte il peso della nave Queen Elizabeth II. Sicuramente, 575.620 tonnellate che viaggiano alla velocità di 1040 Km/sec generano un'enorme resistenza. Questa resistenza riscalderà le renne allo stesso modo di una astronave che rientra nell'atmosfera. Il paio di renne di testa assorbirà 14,3 quintilioni di Joule per secondo. In breve si vaporizzerà quasi istantaneamente, esponendo il secondo paio di renne e creando assordanti onde d'urto (bang) soniche. L'intero team verrà vaporizzato entro 4,26 millesimi di secondo.

CONCLUSIONE : Babbo Natale c'era, ma ora è morto!!

domenica 8 giugno 2008

CENA DI CLASSE 05-06-08

LA CENA DI CLASSE DEL 05-06-08 E' FINITA CON UN FINALE A SORPRESA, UNA TORTA ENORME.





CON UNO STRATO DI CIOCCOLATO SOPRA





GNAM GNAM

giovedì 22 maggio 2008

Gli INSETTI



Gli Insetti sono Artropodi dotati di capo, torace ed addome distinti, un solo paio di antenne ed un apparato boccale variamente modificato a seconda degli ordini; possiedono tre paia di zampe e originariamente due paia di ali, essendo gli unici invertebrati in grado di volare. L'esoscheletro è costituito dall'alternanza di regioni rigide, gli scleriti, e zone membranose più morbide, una disposizione che rende l'animale allo stesso tempo flessibile, leggero, praticamente impermeabile all'acqua e più protetto dai predatori. Il sistema circolatorio è di tipo aperto, e la respirazione, nelle forme terrestri, avviene tramite le trachee, un sistema di canali che porta l'ossigeno sino ai tessuti, mentre in quelle acquatiche tale funzione è esplicata dalle branchie. La gran parte degli Insetti possiede occhi semplici od ocelli ed occhi composti, chemiorecettori sulle antenne ed intorno alla bocca e peli tattili. Tra gli Insetti, esistono differenze morfologiche tali da consentire la suddivisione della classe in numerosi ordini, molte dei quali è presente in Italia.




EVOLUZIONE


Gli Insetti sono noti sin dal Devoniano (circa 400 milioni di anni fa) ed hanno avuto origine, probabilmente all'inizio del Paleozoico, da Prosinfili (antenati degli attuali Collemboli).





ECOLOGIA


Gli Insetti hanno una posizione dominante nel Regno Animale, dovuta anche al fatto che sono gli unici invertebrati realmente in grado di volare. Tale capacità è un fattore molto importante per la dispersione, la ricerca del cibo e del partner e per sfuggire ai predatori. Altro grosso vantaggio è rappresentato dalle piccole dimensioni: gli individui di piccola taglia hanno bisogno di poco cibo e in gran numero possono occupare spazi limitati. Ad eccezione dei mari, gli Insetti hanno colonizzato praticamente tutti gli ambienti della Terra anche quelli impossibili per altre forme di Metazoi. Molte specie presentano complessi livelli di socialità e molte altre effettuano cure parentali.

RIPRODUZIONE


Tutti gli Insetti hanno sessi separati: in alcuni casi, come le lucciole, l'accoppiamento è preceduto da rituali di corteggiamento spesso abbastanza complessi. La fecondazione è interna, in alcuni casi avviene tramite spermatofore. La deposizione delle uova viene effettuata in posti riparati e in luoghi in cui le larve possono trovare cibo. Nei Dipluri lo sviluppo può essere diretto (attraverso diverse mute), nelle cavallette la metamorfosi è graduale (attraverso vari stadi ninfali) mentre nelle farfalle e nelle api la metamorfosi è completa (attraverso vari stadi larvali e una pupa). La metamorfosi completa è un altro fattore che ha favorito l'evoluzione perché larve e adulti spesso occupano nicchie ecologiche diverse, sfruttano cioè risorse alimentari differenti. La durata del ciclo di sviluppo degli Insetti può variare da poche ore ad alcuni anni. Gli adulti vivono, in genere, meno delle larve, spesso solo il tempo necessario per riprodursi.


Fonte--->http://www.musei.unina.it/Zoologia/4.2.2.4.1.htm

Gli ACARI DELLA POLVERE



Introduzione

Non si vedono, non si sentono, non pungono, ma sono con noi a migliaia, a milioni. Sono gli Acari della polvere, una delle principali cause di allergia respiratoria (nella Provincia di Belluno sono responsabili del 47 % della patologia allergica respiratoria).

Che la polvere di casa contenesse allergeni che causano l'asma fu suggerito per la prima volta nel 1921. Tuttavia, la relazione fra acari ed allergia alla polvere di casa venne stabilita in modo definitivo solo nel periodo dal 1962 al 1969 grazie agli studi di Voorhorst, Spieksma-Boezeman M.I.A. e Spieksman F.Th.M.

Gli acari sono fra gli esseri viventi più antichi sulla terra; essi possono vivere e crescere in ambienti differenti come le piante, i fiori, gli animali, l'uomo, la terra, sui laghi e sull'acqua salata, nelle case e nei rifiuti organici, nei materassi, nei libri etc.

Gli acari sono piccoli artropodi, appartenenti a diverse specie. Le specie che sono in modo particolare correlate all'asma sono collettivamente chiamate "acari della polvere di casa", poichè hanno il loro habitat permanente nell'ambiente domestico.


Le loro dimensioni sono di circa 200-300 micron, cioè all'incirca 1/4 di millimetro, per cui non possono essere visti ad occhio nudo, ma soltanto con una forte lente di ingrandimento o, meglio, al microscopio. Il maschio è leggermente più piccolo della femmina.

La dura pelle chitinosa è translucida consentendo agli organi interni e all'emolinfa di impartire un aspetto complessivamente bianco-cremoso al corpo, con qualche chiazza isolata giallo pallido. Le aree sclerotizzate, quali le zampe e la testa degli adulti completamente sviluppati, sono decisamente più pigmentate con un colore rosso-bruno che spicca sul resto del corpo. L'aspetto più sorprendente ed esteticamente piacevole della pelle è la presenza di un disegno scolpito che assomiglia a quello delle impronte digitali.

Fonte--->http://www.medicina.it/generale/allerg/acari.htm

GLI SCORPIONI



Caratteristiche generali
L'aspetto generale degli aracnidi che compongono l'ordine degli scorpioni è familiare a molti. Si riconoscono immediatamente dai pedipalpi molto sviluppati, costituenti chele robuste, e dalla coda formata dagli ultimi 5 segmenti dell'addome e terminante con un aculeo collegato a ghiandole velenifere. Il timore che si ha degli scorpioni è sovente sproporzionato alla loro reale pericolosità, questo soprattutto per ciò che concerne le specie europee. Fra queste solamente il Buthus occitanus, che però non si riscontra in Italia, può provocare disturbi di un certo rilievo, e perfino la morte quando la vittima è una persona debole. Spesso la puntura di questo scorpione provoca un arrossamento e un gonfiore locale, ma talora possono sopravvenire vomito, convulsioni e delirio che però scompaiono in breve tempo. Le specie tropicali sono sovente molto più pericolose, soprattutto quelle del genere Centrurus del Messico e diversi Buthus africani, la cui puntura è spesso mortale. Il veleno degli scorpioni è un liquido che trasparente che paralizza il sistema nervoso. Gli scorpioni si possono trovare sotto i sassi o la corteccia del legno, nei buchi delle muraglie e in altri luoghi oscuri. Essi non attaccono mai l'uomo, ma lo pungono se si credono minacciati. Gli scorpioni sono predatori. Si nutrono di animaletti che cacciano o che incontrano, avvertendone la presenza mediante il tatto piuttosto che con la vista, la quale è assai modesta: esso incurvando la coda sul dorso, punge la sua vittima con l'aculeo velenifero.


Fonte--->http://www.animalinelmondo.com/animali/invertebrati/573/scorpione.html

mercoledì 21 maggio 2008

I RAGNI


Spesso inseriti nelle schiere delle “ bestiacce moleste” delle nostre case, i ragni sono animali straordinari e molto interessanti, che meriterebbero senz’altro un po’ di attenzione.

Innanzi tutto i Ragni non sono Insetti, ma appartengono ad un gruppo proprio: la Classe degli Aracnidi. L'Ordine degli Aranei comprende anche gli Opilioni e gli Scorpioni. Animali antichissimi, sono stati tra le prime creature comparse sulla terraferma e tra le prime a popolare le foreste primordiali, milioni di anni prima della comparsa degliù Anfibi e dei Rettili.

Al giorno d’oggi se ne conoscono circa 35.000 specie, diffuse in quasi tutti gli ambienti della terra.

Come tutti gli Aracnidi, anche i Ragni possiedono otto zampe, carattere questo che li distingue subito, ad una prima occhiata dagli Insetti, che invece ne hanno sei.

Carnivori e predatori, possiedono due appendici articolate davanti alla bocca, con cui afferrano la preda, i cheliceri; con queste il ragno inietta nel corpo della malcapitata vittima un veleno paralizzante che ne liquefa gli organi interni. Sebbene raramente, questo veleno può essere irritante o doloroso anche per l’uomo.

La caratteristica che forse più delle altre ha reso famosi i ragni, è la capacità di secernere la seta. Questa, secreta da ghiandole speciali che si trovano nella parte posteriore del corpo, è molto resistente e oltre che per la costruzione delle celebri ed elaborate ragnatele che alcune specie utilizzano per cacciare, è utilizzata dall’animale per avvolgere le prede, per immagazzinarle, per costruire tane e per tessere bozzoli in cui proteggere le uova.

Le ragnatele sono trappole perfette e eccellenti, usate soprattutto per la cattura di insetti volanti, che non vedendole ci finiscono dentro. Delicate e resistenti, vengono tessute tramite i filieri, organi dell’addome da cui fuoriesce il filo di seta.

In Italia sono tessitori comuni il Ragno crociato ( Araneus diadematus ), la spendida Argiope fasciata, dall’addome giallo e nero, o la Zygiella , comune in estate.

Non tutte le specie costruiscono le tele per procurarsi il cibo: molti ragni infatti sono attivi cacciatori ed inseguono o tendono agguati ad insetti o ad altri invertebrati. E’ questo il caso dei “ragni saltatori”, dei mimetici “ragni-granchio”, che attendono le api appostati nelle corolle dei fiori, o delle tarantole, diffuse anche nei nostri giardini.

Il morso di alcune specie, sebbene raramente, può risultare pericoloso anche per l’uomo: è il caso, per esempio, delle famigerate vedove nere. In Italia esiste un rappresentante di questo genere (Latrodectes), è la Malmignatta ( Latrodectes tredecimguttatus ), ben riconoscibile per il colore nero e l’addome punteggiato di rosso. Il suo morso, sebbene meno pericoloso di quello della cugina americana, può essere molto doloroso.

Caso unico è il Ragno palombaro ( Argyroneta aquatica ), che passa la propria vita sott’acqua: esso costruisce una tela subacquea, a forma di campana, nella quale trasporta e intrappola bolle d’aria, portate in acqua sfruttando la peluria del dorso; finisce così per crearsi un habitat con riserva d’aria in cui vivere. Questo ragno, che si nutre di invertebrati e di avannotti, sebbene difficile da vedere, vive anche negli stagni delle nostre campagne.



Fonte--->http://www.anisn.it/scuola/100animali/ragni/

sabato 17 maggio 2008

Frattale

Cosa è un frattale?


La definizione più semplice e intuitiva lo descrive come una figura geometrica in cui un motivo identico si ripete su scala continuamente ridotta. Questo significa che ingrandendo la figura si otterranno forme ricorrenti e ad ogni ingrandimento essa rivelerà nuovi dettagli. Contrariamente a qualsiasi altra figura geometrica un frattale invece di perdere dettaglio quando è ingrandito, si arricchisce di nuovi particolari.

La costruzione dei frattali, invece, non si basa su di un'equazione, ma su un algoritmo. Ciò significa che si è in presenza di un metodo, non necessariamente numerico, che deve essere utilizzato per disegnare la curva. Inoltre, l'algoritmo non è mai applicato una volta sola: la procedura è iterata un numero di volte teoricamente infinito: ad ogni iterazione, la curva si avvicina sempre più al risultato finale (per approssimazione), e dopo un certo numero di iterazioni l'occhio umano non è più in grado di distinguere le modifiche (oppure l'hardware del computer non è più in grado di consentire ulteriori miglioramenti): pertanto, quando si disegna concretamente un frattale, ci si può fermare dopo un congruo numero di iterazioni.

Alla base dell’auto-similarità sta una particolare trasformazione geometrica chiamata omotetia che permette di ingrandire o ridurre una figura lasciandone inalterata la forma. Un frattale è un ente geometrico che mantiene la stessa forma se ingrandito con una omotetia opportuna, detta omotetia interna.

mercoledì 14 maggio 2008

Leggo sempre Primaccì!


E se lo dice Bart Simpson!

Voi invece lo leggete sempre? Commentate il blog e rispondete al sondaggio!

venerdì 9 maggio 2008

Dimostrazione scientifica!!

FINALMENTE ABBIAMO LA DIMOSTRAZIONE SCIENTIFICA CHE NON E' COLPA DEGLI STUDENTI SE QUESTI NON RIESCONO A PASSARE GLI ESAMI........IL PROBLEMA E' CHE L'ANNO HA SOLAMENTE 365 GIORNI!!!

Tipico anno per uno studente.
1) DOMENICHE. Ci sono 52 domeniche in un anno, sapete bene che la domenica si riposa... 365-52=313 giorni rimanenti.
2) VACANZE ESTIVE. Per circa 75 giorni fa veramente molto caldo e studiare è difficile. 313-75=238 giorni rimanenti.
3) DORMIRE. 8 ore al giorno di sonno, fanno (365 x 8 / 24 = 120 giorni circa) 238-120=118 giorni rimanenti.
4) SPORT. 1 ora al giorno per praticare sport fa bene alla salute! (365 x 1 / 24 =16 giorni circa) 118-16=102 giorni rimanenti.
5) MANGIARE. 2 ore al giorno per mangiare-masticando per bene! (365 x 2 / 24 =31 giorni circa) 102-31=71 giorni rimanenti.
6) RELAZIONI. 1 ora per le chiacchiere - l'uomo è un animale socievole! (365 x 1 / 24 = 16giorni circa) 71-16=55 giorni rimanenti.
7) ESAMI. Ogni anno ci sono almeno 30 giorni in cui si danno esami - non si studia! 55-30=25 giorni rimanenti.
8) MALANNI. Una persona normale passa circa 10 giorni all'anno in cui non si sta molto bene. 25-10=15 giorni rimanenti.
9) FESTIVITA'. Pasqua, Pasquetta, Pentecoste, Ferragosto, 1° Maggio, Liberazione, Repubblica, Natale, S.Stefano, S.Silvestro, Capodanno, Immacolata, Ognissanti. Totale 13. 15-13=2 giorni rimanenti.
10) ONOMASTICO. Non vorrai studiare il giorno del Tuo onomastico!!! 2-1=1 giorno rimanente.
11) COMPLEANNO...quel giorno è quello del tuo compleanno: Come puoi anche solo pensare di studiare quel giorno?!?!?!

Bilancio definitivo: 0 giorni rimanenti.


Se hai passato l´esame: complimenti, deve essere stata davvero dura!!!
Se non hai passato l´esame: non ti preoccupare, è normale!!!

domenica 27 aprile 2008

La Leggenda del Piave



Il Pia
ve mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde

sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"

Ma in una notte triste si parlò di tradimento***
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,

per l'onta consumata a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i suoi ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero!"

E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame volea sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!

No, disse il Piave, no, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.

Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: "Indietro va', o straniero!"

Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi, libere le sponde,

e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri!

***La prima versione della canzone fa riferimento alla parola "tradimento" in quanto inizialmente, davanti alla pesantissima sconfitta di Caporetto, si pensò che alcune unità a difesa della valle di Plezzo avessero disertato. Solo dopo si scoprì che tali unità furono decimate dai bombardamenti di gas tossici nemici.
Di conseguenza la nuova versione della strofa recita:

venivano a gremir tutti i ponti."


"Ma in una notte trista si parlò di un fosco evento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha vista venir giù, lasciare il tetto;
poiché il nemico irruppe a Caporetto.

Profughi ovunque dai lontani monti,

mercoledì 23 aprile 2008

Dmitrij Ivanovič Mendeleev


Dmitrij Ivanovič Mendeleev è stato un chimico russo. Altre trascrizioni del nome sono Dmitri e Dimitri. Il cognome viene trascritto anche come Mendeleyeff. È accreditato come inventore della tavola periodica degli elementi. A differenza di altri contributori alla tavola, Mendeleev fornì un sistema di classificazione che riusciva a prevedere le caratteristiche di elementi non ancora scoperti.


Vita
Dmitri Mendeleev nacque in Siberia, Russia l'8 febbraio 1834, da Ivan Pavlovič Mendeleev(direttore del Ginnasio della città) e Maria Dmitrievna Mendeleeva (nata Kornilieva), donna intelligente ed energica, si occupava dell'educazione dei figli di cui Dmitrij era il diciassettesimo e ultimo. Suo nonno era Pavel Maksimovič Sokolov, un prete russo.
Nel 1834 il padre divenne cieco e fu costretto a lasciare il suo posto. Maria Dimitrievna dovette così assumersi la responsabilità anche economica della famiglia, accettando di gestire una piccola vetreria cedutale dal fratello. Il vetro in fusione, i bagliori notturni della fabbrica rimasero sempre impressi nella memoria di Dmitrij.
Ivan, insieme ai suoi fratelli, ottenne un nuovo nome per la propria famiglia, aderendo al seminario teologico di Tver'.[2] Mendeleev era il più giovane tra i 17 figli.[1] All'età di 13 anni, dopo la morte del padre e l'incendio della fattoria della madre, Mendeleev cominciò a frequentare il Ginnasio in Tobol'sk.
Nel 1849, la famiglia di Mendeleev, povera, si trasferì a San Pietroburgo, Russia, dove entrò al Grande Istituto Pedagogico nel 1850. Dopo la laurea, un malessere, che gli fu diagnosticato come tubercolosi lo costrinse a spostarsi in Crimea, sulla costa settentrionale del Mar Nero, nel 1855. Mentre era li, raggiunse il più alto grado tra il personale scientifico del ginnasio Simferopol №1. Ritornò in piena salute a San Pietroburgo nel 1857.
Nel 1869 Mendeleev iniziò a scrivere il suo libro, Principi di chimica. Il suo progetto prevedeva la sistematizzazione di tutte le informazioni dei 63 elementi chimici allora noti. Lo scienziato russo preparò 63 carte, una per ciascun elemento, sulle quali dettagliò le caratteristiche di ciascun elemento. Ordinando le carte, secondo il peso atomico crescente, si accorse che le proprietà chimiche degli elementi si ripetevano periodicamente. Sistemò i 63 elementi conosciuti nella sua tavola e lasciò tre spazi vuoti per gli elementi ancora sconosciuti.
Il grande scienziato russo non solo previde l'esistenza di altri elementi, ma ne descrisse anche le proprietà. L'importanza della tavola periodica e delle previsioni di Mendeleev furono riconosciute pochi anni dopo, in seguito alla scoperta degli elementi scandio, gallio e germanio, che andarono ad occupare alcuni posti lasciati vuoti nella tavola e possedevano le proprietà fisiche prevista dalla loro posizione in essa.



Preso da Wikipedia

mercoledì 5 marzo 2008

EVOLUZIONE DEI CAVALLI


I 5 regni

Il regno è il gruppo tassonomico di livello gerarchico più elevato che fu introdotto già da Linneo.
Originariamente Linneo divise il mondo organico, secondo il criterio della mobilità, in due regni: Animali e Vegetali. Col procedere delle conoscenze biologiche tale divisione risultò insostenibile in quanto:
il regno vegetale comprendeva sia autotrofi che eterotrofi (p.es. i funghi);
tra i microorganismi, specie affini risultavano appartenere a regni diversi;
i vegetali comprendevano organismi sia Eucarioti che Procarioti (i batteri furono infatti inizialmente inseriti tra i Vegetali).
Oggi sono tipicamente riconosciuti sei regni:
Archaea, comprendente i Procarioti estremofili;
Bacteria (Batteri), comprendente il resto dei procarioti;
Protista (Protisti), costituito dagli Eucarioti unicellulari o pluricellulari ma privi di differenziamento in tessuti (esclusi i Funghi);
Fungi (Funghi), individuati da alcune particolarità strutturali e metaboliche;
Plantae (Piante), costituito dagli organismi autotrofi con differenziamento cellulare (e per alcuni studiosi anche senza tale differenziamento);
Animalia (Animali), costituito dagli organismi eterotrofi con differenziamento cellulare.
Oltre a questi, è riconosciuto in biologia - ma con valore controverso - un settimo regno, quello dei Virus, che comprende tutti gli organismi privi di struttura cellulare.
La situazione descritta è accolta nella sostanza da tutti gli studiosi, ma con molte varianti, che riflettono il dibattito scientifico sull'origine della vita e sull'evoluzione. Per esempio, Thomas Cavalier-Smith (v. sotto) non riconosce più validità al regno Archaea, riportando nuovamente questi microrganismi all'interno del regno dei Batteri, e invece scinde il regno dei Protisti nei due regni dei Cromisti e dei Protozoi.
Progressione della classificazione dei regni [modifica]
Haeckel (1894)Tre regni
Whittaker (1969)Cinque regni
Woese (1977)Sei regni
Woese (1990)Tre domini
Cavalier-Smith (2004)Due dominie sei regni

Georges Couvier

Georges Couvier

Nacque a Montbéliard (in tedesco Mömpelgard nella regione di Württemberg in Germania) con il nome di Georg Kuefer. Suo padre era un ufficiale in congedo a stipendio ridotto appartenente ad una famiglia protestante che era emigrata dai monti del Giura, sul confine franco-svizzero, a causa delle persecuzioni religiose.
Fin da giovane dimostrò una discreta inclinazione verso l'investigazione dei fenomeni naturali, facendosi notare per il suo attaccamento allo studio e la sua notevole memoria.
Dopo aver trascorso quattro anni alla Accademia di Stuttgart, accettò l'incarico di tutore presso la famiglia del Conte d'Héricy, che aveva l'abitudine di trascorrere l'estate vicino a Fécamp. In quell'occasione fece amicizia con A.H. Tessier, di professione agricoltore, che a quell'epoca viveva a Fécamp e che promosse strenuamente il suo nuovo protetto presso i propri amici a Parigi.
Il risultato di questo appoggio fu che Cuvier, dopo un periodo di corrispondenza con il noto naturalista Etienne Geoffroy Saint-Hilaire, venne nominato nel 1795 assistente del professore di anatomia comparata al Muséum National d'Histoire Naturelle di Parigi. Nello stesso anno venne fondato l'Institut de France e Cuvier ne venne eletto membro.
Nel 1796 iniziò ad insegnare all'École Centrale du Pantheon e, in occasione dell'inaugurazione dell'Institut de France nell'aprile dello stesso anno, lesse in pubblico il suo primo saggio di paleontologia, che fu in seguito pubblicato, nel 1800, con il titolo Mémoires sur les espèces d'éléphants vivants et fossiles.
Nel 1798 venne pubblicato il suo primo lavoro come autore, il Tableau èlémentaire de l'Histoire naturelle des animaux, un compendio del suo corso di lezioni alla École du Pantheon, che può essere considerato come il fondamento e la prima esposizione della sua classificazione scientifica del regno animale.
Nel 1799 subentrò a L.J.M. Daubenton come professore di storia naturale nel Collège de France e, l'anno successivo, pubblicò le Leçons d'anatomie comparée, divenuto poi un classico dell'anatomia comparata. Nella sua realizzazione venne assistito da André Marie Constant Duméril nei primi due volumi, e da Georges Louis Duvernoy nei successivi tre.
Nel 1802 Cuvier divenne professore titolare al Jardin des Plantes, e lo stesso anno venne nominato commissario dell'Institut de France per accompagnare gli ispettori generali della pubblica istruzione. Con questa carica visitò il sud della Francia; ma, all'inizio del 1803, venne nominato segretario a vita dell'Institut de France nel dipartimento delle scienze fisiche e naturali, e, pertanto, dovette abbandonare l'incarico di commissario e rientrare a Parigi.
Da questo momento in avanti si dedicò specialmente a tre settori di ricerca: il primo riguardante la struttura e la classificazione dei Molluschi, il secondo l'anatomia comparata e la classificazione sistematica dei Pesci e il terzo i fossili di Mammiferi e Rettili. Si occupò secondariamente anche dell'osteologia delle forme viventi facenti parte degli stessi gruppi.
Iniziò a scrivere saggi sui Molluschi fin dal 1792, ma la maggior parte dei suoi lavori su questo argomento vennero pubblicati negli Annales du museum tra il 1802 e il 1815; essi vennero in seguito raccolti nelle Mémoires pour l'ervir de l'histoire et a l'anatomie des mollusques, pubblicate in un unico volume a Parigi nel 1817.
Per quanto riguarda i Pesci, le ricerche di Cuvier in collaborazione con A. Valenciennes, iniziate nel 1801, culminarono nella pubblicazione tra il 1828 e il 1831, della Histoire naturelle des poissons, contenente le descrizioni di 5000 specie di pesci.
Per quanto concerne le ricerche sulla paleontologia dei Mammiferi, si può tranquillamente affermare che essa venne praticamente creata e definita da Cuvier.
Egli pubblicò un gran numero di scritti concernenti questo settore di ricerca: parte di essi riguardava l'analisi delle ossa di animali estinti, altra parte descriveva i risultati di osservazioni di scheletri di animali viventi, esaminati soprattutto nell'ottica di fare luce sulle affinità strutturali con le forme fossili.
Nel secondo gruppo di scritti va sicuramente collocato un buon numero di trattati sull'osteologia del Rhinoceros indicus, del tapiro, dell'Hyrax capensis, dell'ippopotamo, del bradipo, del lamantino, etc.
Al primo gruppo va ascritto un numero persino maggiore di saggi riguardanti i mammiferi estinti ritrovati negli strati dell'Eocene di Montmartre, le specie fossili di ippopotamo, il Didelphys gypsorum, il Megalonyx, il Megatherium, la iena delle caverne, lo pterodattilo, il Palaeotherium, le specie estinte di rinoceronte, l'orso delle caverne, il mastodonte, le specie estinte di elefante, le specie fossili di lamantino e di foca, le forme fossili di coccodrilli, cheloni, pesci, uccelli, etc.
I risultati delle principali ricerche paleontologiche e geologiche di Cuvier vennero alla fine resi pubblici in due opere disitnte. La prima è la celebrata Recherches sur les ossements fossiles de quadrupedes, pubblicata a Parigi nel 1812, con edizioni successive nel 1821 e nel 1825; la seconda è il suo Discours sur les revolutions de la surface du globe, pubblicato a Parigi nel 1825.
Ma nessuna delle sue opere ottenne un così alto riconoscimento come il suo Regne animal distribué d'après son organisation, la cui prima edizione fu pubblicata in quattro volumi in ottavo nel 1817, la seconda in cinque volumi tra il 1829 e il 1830. In questo lavoro Cuvier raccolse i risultati di tutte le sue precedenti ricerche sulla struttura degli animali viventi ed estinti. Tutta l'attività di ricerca è ascrivibile allo stesso Cuvier, ad eccezione della parte sugli Insetti, dove fu assistito dall'amico Pierre André Latreille.
Nel 1821, Cuvier fece ciò che poi venne definito il suo "Dictum temerario": egli affermò che molto probabilmente non sarebbero più state scoperte nuove specie di animali. Invece molte scoperte di questo tipo sono state effettuate dall'affermazione di Cuvier ad oggi.
Oltre alle sue attività di ricerca nel campo della zoologia e della paleontologia, Cuvier lavorò molto come segretario a vita dell'Institut de France e, in generale, come ufficiale legato alla educazione pubblica; molto del suo lavoro venne in seguito pubblicato. In conseguenza di ciò, nel 1808, egli venne incaricato da Napoleone Bonaparte di dirigere il consiglio della Università Imperiale e, con questo ruolo, presiedette (negli anni 1809, 1811 e 1813) alcune commissioni incaricate di esaminare lo stato delle strutture educative di alto livello nei distretti al di là delle Alpi e del Reno che erano stati annessi alla Francia, e di riferire circa la loro possibile affiliazione all'università centrale. Cuvier pubblicò tre rapporti distinti su questo argomento.
Sempre come segretario a vita dell'Institut de France, egli non soltanto elaborò un discreto numero di éloges historiques sui membri deceduti dell'Accademia delle Scienze di Parigi, ma fu anche autore di alcuni resoconti sulla storia della fisica e delle scienze naturali, il più importante dei quali fu il Rapport historique sur le progrès des sciences physiques depuis 1789, pubblicato nel 1810.
Prima della caduta di Napoleone (1814) Cuvier venne ammesso al Consiglio di Stato, e la sua posizione rimase tale anche in seguito alla restaurazione dei Borboni. Egli venne eletto rettore dell'università e con questa carica, ricoprì ad interim la funzione di presidente del Consiglio della Pubblica Istruzione, mentre, contemporaneamente, come luterano, fu soprintendente della Facoltà di Teologia Protestante.
Nel 1826 venne nominato gran ufficiale della Légion d'honneur; nel 1831 venne innalzato da Luigi Filippo di Francia al rango di pari di Francia e, in seguito, nominato presidente del Consiglio di Stato. All'inizio del 1832 Cuvier venne nominato Ministro degli Interni, ma moriva a Parigi nel maggio dello stesso anno dopo una breve malattia.
Cuvier fu il fondatore, in contrapposizione con Jean-Baptiste Lamarck, della teoria delle catastrofi naturali, secondo la quale la maggior parte degli organismi viventi nel passato sarebbero stati spazzati via da numerosi cataclismi e il mondo sarebbe stato ripopolato dalle specie sopravvissute.


Preso da wikipedia

MARTE

Opportunity sulla sponda di quello che un tempo era un mare
Annuncio della Nasa: su Marte c'era acqua salata
Era un deposito d’acqua salata profondo almeno 10 centimetri. Crescono le probabilità che il Pianeta Rosso ospitasse la vita
Un'immagine della sonda Opportunity (Nasa)
NEW YORK - Il robot americano Oppurtunity ha svelato che su Marte c'è stata in passato presenza di acqua salata nella quale si sono formate le rocce esaminate dal rover. Acqua che avrebbe potuto permettere la nascita della vita. «Siamo convinti che il robot Opportunity si trovi ora sulla sponda di quello che un tempo era un mare salato», ha detto Steve Squyre, astronomo della Cornell University e capo della squadra scientifica che analizza i dati inviati a terra dai laboratori automatici fatti discendere dalla Nasa su Marte. Già all’inizio del mese gli scienziati avevano annunciato che la conformazione geologica incontrata dalla sonda era coerente con la presenza di acqua in tempi remoti. Ora possono essere più precisi. Si trattava di un deposito d’acqua salata - un polla o un vero e proprio mare - profondo, nella zona esplorata da Opportunity, almeno una decina di centimetri.

Le immagini di Marte inviate da Opportunity clicca su una foto



VITA - La scoperta aumenta le prove che un tempo Marte fosse un mondo molto più caldo di oggi, con un’atmosfera più densa, molta umidità e le condizioni adatte allo sviluppo di forme di vita. Squyres ha parlato apertamente di "mare", ma in realtà gli scienziati non sono in grado di dire le dimensioni dell’antico corpo d’acqua. Potrebbe essere stato un lago salato incluso in un deserto, o un deposito di sale periodicamente inondato dall’acqua.

SPERANZE E PROGETTI - Per avere risposte più sicure, si dovrà aspettare una missione che riporti a terra campioni di rocce da analizzare. La Nasa ha fissato per ora la data del 2013 per portarla a termine. L’ente spaziale americano vorrebbe inviare una missione sul pianeta rosso ogni 26 mesi, con l’obiettivo di arrivare a una spedizione umana. Il presidente Usa George W. Bush l’ha indicata come obiettivo, senza tuttavia fissare una data. Secondo le fotografie inviate da Opportunity, il suolo marziano nella zona in cui si trova il robot mostra increspature e concentrazioni saline: prove - secondo gli scienziati - che le rocce si formarono in presenza di acqua salata. Questi risultati - ha detto il vice-amministratore della Nasa Ed Weiler - «ci stimolano a espandere il nostro ambizioso programma teso a scoprire se su Marte vivessero organismi microscopici, e se un giorno potremo viverci noi».
23 marzo 2004

Preso da corriere della sera

lunedì 25 febbraio 2008

FOSSILI

Pterodactylus - American Museum of Natural History - New York
Il termine fossile (dal latino fodere, scavare) in paleontologia abitualmente viene usato per indicare resti integri o parziali di organismi un tempo viventi, più in generale viene usato per una qualsiasi testimonianza di vita geologicamente passata (antecedente all'epoca attuale) quali uova, evidenze di attività' vitale (orme, tane, tracce legate all'alimentazione, coproliti ecc.).


Definizione generale
Calcare con fossili di bivalvi
Il processo di trasformazione di un organismo vivente in un fossile può durare diversi milioni di anni. La fossilizzazione è un processo estremamente improbabile. Infatti non appena gli animali o le piante muoiono ne inizia la decomposizione. Sebbene le parti più resistenti, come conchiglie, ossa e denti degli animali o il legno delle piante, resistano più a lungo dei tessuti molli, spesso questi elementi vengono disgregati da agenti naturali esterni (fisici e chimici), come vento e acqua corrente, ma anche dall'azione di animali necrofagi (agenti biologici).
Alcuni fossili possono essere considerati come una porzione di materia (e quindi di energia) imprigionata che, sfuggendo alla decomposizione e trasferendosi dalla biosfera alla litosfera, viene sottratta all'ecosistema del passato. Questa energia viene, ad esempio, sfruttata dall'uomo mediante l'impiego dei combustibili fossili (carbone e petrolio) nelle varie attività industriali.
Generalmente, per subire un processo completo di fossilizzazione, un organismo deve essere sepolto rapidamente, prima che ne subentri la decomposizione o venga aggredito dagli agenti demolitori. Nella maggior parte dei casi questo lavoro viene svolto dai sedimenti come la sabbia o il fango trasportati dall'acqua.Lo studio di tutti i processi che vanno dalla morte dell' organismo alla sua fossilizzazione è compito della Tafonomia, quel ramo della Paleontologia che cerca appunto di ripercorrere tutte le tappe che hanno contribuito alla formazione di un fossile.

Dove si rinvengono i fossili
I fossili si trovano dentro le:
Rocce sedimentarie diffusissime ovunque. In Italia sono molto ricche di fossili e vanno dal Paleozoico (550 milioni di anni fa) fino al Quaternario. Utili per la datazione delle rocce calcaree mesozoiche sono: ammoniti, belemniti, bivalvi, gasteropodi, brachiopodi, echinodermi, crinoidi, denti isolati di squalo e microfossili.
La datazione relativa eseguita con i fossili guida è di enorme importanza ed è servita alla definizione e alla caratterizzazione delle ere e dei periodi geologici.
Rocce eruttive o vulcaniche. In esse sono totalmente assenti i fossili tranne in alcuni casi speciali.

Datazione tramite i fossili
Il criterio di datazione dei fossili si basa sulla biostratigrafia, la quale afferma che, normalmente, gli strati più bassi del terreno sono più antichi di quelli superiori (principio geologico della sovrapposizione di Stenone, vedi evoluzione, prove paleontologiche). Utilizzando tale criterio si può confrontare un certo fossile con altri rinvenuti in strati di altre località per vedere se appartengono allo stesso tempo oppure no. Tale metodo si basa sui fossili guida, che sono caratterizzati dalla diversificazione e da rapida evoluzione. Con i metodi degli isotopi radioattivi e del carbonio 14 si può avere la datazione radiometrica, che misura l'età della roccia in anni, ma che risulta meno preciso del metodo della datazione relativa.

Fossili viventi

Esemplare di Celacanto pescato nell'Oceano Indiano

tavola illustrante foglie, fiori e frutti di Ginkgo biloba
Il termine fossile vivente fu coniato da Darwin per indicare particolari tipi di organismi, animali o vegetali, con caratteristiche morfologiche primitive e soggetti ad un processo evolutivo molto lento.
Molti di questi sono stati scoperti recentemente, perché prima erano ritenuti estinti. Ai fossili viventi appartengono tipologie diverse di organismi:
Organismi che sono gli unici rappresentanti viventi di gruppi estinti da tempo.
Un esempio è quello del pesce Latimeria chalumnae, pescato nel 1938, alle foci del Chalumna in Sud Africa. L'esemplare era lungo 1,50 m e pesava 57 kg, ed incuriosì a tal punto i pescatori, che lo mandarono imbalsamato al Museo di East London. La direttrice del Museo, la Dottoressa Marjorie Courtenay-Latimer, riconobbe in quell'esemplare le caratteristiche dei 'Crossopterigi Celacantiformi, pesci a pinne "muscolose" (Sarcopterygii) nati durante l'Era Paleozoica, 400 milioni di anni fa, e ritenuti estinti nella grande estinzione che eliminò anche i dinosauri.
Organismi che mantengono caratteri primitivi del gruppo che si è invece altamente differenziato.
Un esempio è l'Opossum, mammifero marsupiale che presenta caratteri molto simili ai suoi parenti del Cretaceo. Fra gli Artropodi possiamo ricordare il Limulo, praticamente identico alle forme fossili del Giurassico.
Organismi che rimangono immutati per un lungo intervallo di tempo.
Esempi classici sono il brachiopode Lingula dell'Ordoviciano, e il cefalopode Nautilus, invariato dal Triassico ad oggi, ritenuto estinto fino al 1829, quando per la prima volta ne venne osservato uno in vita. Anche gli Squali, comparsi nel Devoniano, circa 400 milioni di anni fa, si sono evoluti molto poco nel corso del tempo geologico, ma le loro caratteristiche li hanno resi immuni ai mutamenti geologici, climatici, biologici che li circondavano. Ancora oggi ne esistono moltissime specie, a dimostrazione dell'efficienza del loro modello strutturale.
Non mancano fossili viventi anche tra i vegetali, come il genere Ginkgo, (Gimnosperma) comparso nel Giurassico e arrivato ai giorni nostri con l'unica specie Ginkgo biloba senza modificazioni sostanziali.

Tipi di fossili
Vi sono quattro tipi fondamentali di fossili: resti originali, resti sostituiti, calchi, tracce.

Resti originali
Mammut esposto al Museo di San Pietroburgo, rinvenuto lungo il fiume Berezovka

Insetto fossilizzato in ambra
In alcuni casi, i fossili sono rappresentati da resti originali di piante o di animali. Corpi interi di mammut, l'enorme elefante diffuso in Europa nel periodo glaciale (era quaternaria), sono stati rinvenuti quasi perfettamente conservati sotto i ghiacci perenni della Siberia. Si pensa che questi animali siano rimasti prigionieri del permafrost, verso la fine dell'età glaciale, molte migliaia di anni fa. Perché morirono rimane ancora un mistero ma forse la specie si estinse per il profondo mutamento di clima avvenuto alla fine del Pleistocene quando le glaciazioni finirono.
Lungo le coste del mar Baltico, sono stati rinvenuti insetti, ragni e frammenti vegetali di migliaia di anni fa, perfettamente conservati entro la resina indurita dei pini, in cui questi insetti rimasero invischiati e ivi morirono. Questa resina fossile è detta ambra.
Altro esempio di fossile originale è dato dalle conchiglie dei molluschi che sono state conservate entro il sedimento e che a volte formano vere e proprie rocce composte esclusivamente da fossili, dette lumachelle.
Un altro tipo di resti originali può essere quello dei dintorni di Los Angeles in California, dove vi sono depositi di asfalto contenenti le ossa di migliaia di animali. Probabilmente, questi animali rimasero prigionieri mentre, in cerca di acqua, tentavano di attraversare i grandi laghi oleosi di asfalto. Attratti, forse, dalle loro grida di spavento e dagli sforzi da essi compiuti per sopravvivere, giunsero altri animali che fecero la medesima fine.

Resti sostituiti
Ammonite piritizzata

Un tronco pietrificato in Arizona
La maggior parte dei fossili non sono più costituiti da materiale originale, anche se ne hanno conservato l'aspetto primitivo. L'acqua del sottosuolo contiene in soluzione vari sali minerali e può sostituire le conchiglie (calcaree) e le ossa (fosfatiche) con altri minerali resistenti, come la silice o la pirite.
I famosissimi alberi pietrificati dell'Arizona sono un esempio di formazioni del genere. Essi si formarono quando le acque del sottosuolo sostituirono lentamente il legno in decomposizione di questi alberi con particelle di silice amorfa (opale).
A volte la trasformazione è così importante che, di tutto un organismo vegetale o (più raramente) animale rimane soltanto il carbonio organico.

Modelli e calchi
Oltre alle parti molli di un animale, talvolta anche le parti dure (conchiglie od ossa) si dissolvono completamente, lasciando nella roccia un'impronta che mostra solo quale era la forma del fossile.
Sui gusci si possono distinguere i modelli interni, che ripetono la forma della parte interna, ed i modelli esterni, con l'impronta della superficie esterna. Tra modello interno e modello esterno, quando il guscio originale è dissolto, si forma una cavità con la forma tridimensionale del guscio. Se tale cavità si riempie con nuove sostanze minerali, si ottiene il calco naturale o modello, cioè la riproduzione dell'originale. La composizione chimica e mineralogica del calco può essere simile a quella originaria, ma anche completamente diversa.
In casi particolari, modelli e calchi possono riguardare parti molli, quindi è possibile trovare anche impronte di felci, di foglie, di pinne di pesci, membrane alari.

Tracce fossili
Impronta fossile di Chirotherium, un archeosauro del Triassico inferiore
Le tracce di animali, che si producono prevalentemente nel fango o nelle sabbie dei terreni alluvionali o nelle regioni dei delta, possono essere state conservate dal processo di consolidamento dei sedimenti (diagenesi).
Nelle rocce sedimentarie, soprattutto quelle a grana più fine (come argilliti e calcari fini), sono state trovate orme di dinosauri, altri rettili e anfibi, scie e piste di antichi vermi limivori e molte altre tracce lasciate da esseri esistiti in passato. In taluni giacimenti fossiliferi è anche possibile rinvenire particolari fossili quali uova, raramente contenenti embrioni e le cosiddette bromaliti cioè coproliti, cololiti (resti non evacuati del contenuto intestinale), gastroliti e regurgitaliti (vomiti fossili).

Fossili guida
La grande maggioranza dei fossili si trova nei sedimenti, cioè nei depositi trasportati dall'acqua. Le rocce sedimentarie sono formate a strati. Questi strati di roccia, ed i fossili in essi contenuti, possono essere utilizzati per ricostruire la storia della Terra e degli organismi che si sono succeduti nel corso dei millenni. I geologi sanno che i vari strati rocciosi si sono formati in periodi diversi. Naturalmente, lo strato più antico e sottostante si è formato per primo ed il più recente e sovrastante per ultimo, mentre gli altri si sono formati nei periodi intermedi; ma questa disposizione può essere modificata e perfino rovesciata da successivi movimenti tellurici.
Studiando i fossili che si trovano nei vari strati, si possono osservare questi movimenti tellurici. Alcuni fossili sono presenti in più strati, mentre altri sono presenti solo in strati formati in un dato periodo della storia della Terra. Quando un geologo trova uno strato di roccia contenente dei fossili, può precisare non solo di che strato si tratta, ma anche quando, pressappoco, si è formato.
I fossili sono di aiuto ai geologi nella divisione della storia della Terra in periodi di tempo e lo sono tanto meglio quanto più breve e definito è stato il periodo della loro esistenza. Questi fossili sono detti fossili guida, perché aiutano a riconoscere l'era, il periodo o l'epoca a cui appartengono le rocce che li contengono e a collegare cronologicamente gli strati di territori e perfino di continenti diversi.
I fossili guida sono di aiuto nella ricerca del petrolio, perché il geologo sa che molti depositi di petrolio sono stati ritrovati in rocce di una particolare epoca.

Fossili come indicatori ambientali

rane fossile, indicatrice di ambiente palustre
I resti fossili non ci danno solo l'idea di quali siano stati gli animali e le piante del passato, ma ci indicano anche in quale ambiente e clima siano vissuti.
I grossi mammut ed i rinoceronti vellosi vissero in un ambiente di steppe e in un clima artico. Le felci attuali crescono in località calde ed umide, quelle fossili vissero probabilmente in un periodo di clima caldo ed in località umide, paludose.
I coralli si trovano oggi in acque basse, calde e salate. È probabile che anche i coralli fossili siano vissuti in località simili.
Nelle rocce sedimentarie, si trovano spesso impronte fossili di gocce di pioggia, di rigagnoli d'acqua e di fango. Ciò mostra quali siano state le vicende meteorologiche in quei tempi lontani.

Piante fossili
Stando ai reperti fossili, le prime piante sulla Terra furono le alghe azzurre, che risalgono all'era arcaica (più di mezzo miliardo di anni fa), ma esse probabilmente furono precedute da organismi più semplici, come i batteri. Le alghe azzurre furono seguite da quelle verdi, rosse e brune di cui i primi fossili sono del periodo, siluriano.
Verso la fine di questo periodo, circa trecentocinquanta milioni di anni fa, comparvero le prime piante vascolari del gruppo dei licopodi. Poi vennero, nel periodo carbonifero, circa duecentocinquanta milioni di anni fa, le felci giganti, i resti delle quali si trovano oggi nei giacimenti di carbone.
Già prima però, nel Devoniano superiore, circa trecento milioni di anni fa, erano apparse le prime piante da seme che sono oggi le principali forme di vita vegetale sulla Terra.

Animali fossili
libellula fossile
I geologi hanno prove dell'esistenza, cinquecento milioni di anni fa, all'inizio dell'era paleozoica, di molti animali simili a quelli che vivono oggi. Crostacei simili alle aragoste sono già conosciuti da quei lontani tempi. Tra i fossili di allora, comunissimi sono i trilobiti. Inoltre, sono state rinvenute molte centinaia di specie di conchiglie marine, e gusci coloniali appartenenti a minuscoli animali, detti briozoi.
Gli studiosi tra l'altro hanno rinvenuto oltre diecimila diversi insetti ora non più esistenti. Fra questi, alcuni vissero duecentocinquanta milioni di anni fa. Fra i primi insetti apparsi sulla Terra, negli ultimi periodi del Paleozoico si annoverano gli scarafaggi e le libellule; più tardi, nell'era mesozoica, si sviluppano i Coleotteri e i Ditteri, ma solo nell'era cenozoica compaiono api, formiche, farfalle e specie simili alle attuali.
Alcune specie fossili si sono mantenute quasi inalterate nel corso di milioni di anni. I primi animali provvisti di spina dorsale furono i pesci senza mascelle (agnati), in verità più affini alle lamprede (Ciclostomi) che a veri pesci. Essi comparvero nel Siluriano superiore, circa trecentocinquanta milioni di anni fa, avevano la pelle corazzata e sono stati chiamati Ostracodermi.
Circa cinquanta milioni d'anni dopo, nel Devoniano, comparvero i primi veri pesci, con mascelle. Anche questi erano ricoperti da una specie di corazza anziché di squame e sono stati chiamati Placodermi.
Seguirono, alla fine del Devoniano, gli anfibi, capaci di vivere tanto in acqua quanto sulla terra. Questi animali costituivano durante il Paleozoico la parte preponderante del regno animale, ma furono presto sopraffatti da grossi rettili, che, comparsi con forme primitive alla fine del periodo carbonifero, assunsero enorme sviluppo durante tutta l'era mesozoica.
I mammiferi comparvero duecento milioni di anni fa al principio del Mesozoico, ma rimasero piccoli e trascurabili per tutta quell'era e si svilupparono solo nell'era seguente, Cenozoico, mentre i rettili declinavano. Molti mammiferi attuali hanno progenitori fossili. Sono stati rinvenuti, infatti, scheletri fossilizzati di antichi cammelli, elefanti e cavalli. Durante gli ultimi sessanta milioni di anni, i mammiferi ebbero il sopravvento sugli altri animali e dominarono il mondo.
Si sono rinvenuti anche fossili dei primi uomini. Alcuni sono talmente primitivi che sono stati detti "preominidi": tali sono gli Australopitechi trovati nel Sudafrica tra la fine del Cenozoico e il principio del Quaternario. Ominidi primitivi sono considerati il Pitecantropo di Giava e il Sinantropo di Pechino. Più recenti e nettamente umani sono l'uomo di Cromagnon e quello di Neanderthal. Alcuni fossili umani non sembra appartengano alla stessa linea evolutiva alla quale appartiene l'uomo attuale.



Preso da http://wikipedia.it/

venerdì 22 febbraio 2008

LATIMERIA





Caratteristiche

Il calco di celacanto conservato al Museo civico di storia naturale di Milano
Il celacanto fa parte della classe dei Sarcopterigi; ha le pinne pettorali e anali su protuberanze carnose sostenute da ossa; la pinna caudale è suddivisa in tre lobi, dei quali quello di centro include un prolungamento del notocordo.
Secondo i fossili ritrovati, il celacanto è apparso per la prima volta nel medio Devoniano, circa 390 milioni di anni fa. Esso viveva nelle acque del tardo Paleozoico e del Mesozoico.
In media un celacanto raggiunge gli 80 Kg, una lunghezza di due metri e una aspettativa di vita di 60 anni circa.
Il celacanto è l'unico essere vivente che possegga un giunto intercraniale che gli permetta di separare internamente la metà superiore del cranio da quella inferiore: si presume che l'abilità sia legata al consumo di prede di grandi dimensioni. Le sue squame secernono muco e il suo corpo trasuda un olio che, essendo lassativo, lo rende immangiabile a meno che non venga disseccato e salato. La durezza delle loro squame fa sì che esse siano usate dagli abitanti delle Comore come carta vetrata.
Gli occhi del celacanto sono estremamente sensibili alla luce, grazie alla presenza del tapetum lucidum, una membrana riflettente posta dietro alla retina che riflette nuovamente la luce catturata alla retina; per questo motivo è molto difficile catturare un celacanto di giorno o in una notte di luna piena.


I fossili

Latimeria chalumnae
Sebbene oggi siano conosciute solo due specie di celacanti, nel Paleozoico e nel Mesozoico il gruppo dei celacantidi era molto numeroso e comprendeva diversi generi e specie. Esistono molti fossili databili dal Devoniano al Cretaceo, periodo in cui i celacanti apparentemente si estinsero, dato che non esistono fossili risalenti ad epoche successive.
Non è corretto affermare che i celacanti non abbiano subito evoluzioni per milioni di anni, dato che le specie attualmente viventi non corrispondono ai fossili ritrovati, anche se i fossili del genere Macropoma del Cretaceo, fra i reperti ritrovati quelli che risalgono al periodo più recente, sono quelli che si avvicinano di più al celacanto "moderno".
Le scoperte

Il Celacanto e la sua scopritrice, Marjorie Courtenay-Latimer

La prima prova dell'esistenza di celacanti viventi si ebbe nel 1938 quando Marjorie Courtenay-Latimer, curatrice di un museo di East London, Sudafrica, nell'esaminare il bottino di pescatori locali alla ricerca di fauna marina insolita, si imbatté in uno strano pesce blu fra il pescato di una barca di pescatori andati a caccia di squali presso il fiume Chalumna. Dopo aver riportato il pesce al museo, si accorse che non era in grado di classificarlo e così decise di chiedere informazioni al collega professor James Leonard Brierley Smith; nel frattempo il pesce fu imbalsamato da un tassidermista e quando Smith ne vide le spoglie lo identificò come un celacanto, una specie nota solo dai fossili. La specie del pesce fu chiamata Latimeria chalumnae, in onore della scopritrice e delle acque in cui fu pescato, e da allora il celacanto fu considerato un fossile vivente.

Le Comore

A quel punto fu organizzata una ricerca mondiale per nuovi esemplari di celacanto, con un premio in denaro di 100 sterline, una somma decisamente ragguardevole per i pescatori africani dell'epoca. Quattordici anni dopo fu trovato un esemplare alle Comore: si pensava che fosse un altro ritrovamento unico, ma si scoprì che il pesce era noto agli abitanti delle Comore: i pescatori dell'isola di Anjouan non riuscivano infatti a capire perché fosse valutato tanto un pesce immangiabile come quello, da loro chiamato gombessa o mame, che ogni tanto finiva nelle loro reti per sbaglio. Oggi tuttavia sono ben consci dell'importanza della scoperta e del fatto che si tratti di una specie in pericolo e, ogniqualvolta un celacanto viene pescato, subito viene ributtato in mare.
Il secondo esemplare, pescato nel 1952 dal pescatore Ahmed Hussain, fu inizialmente catalogato come una specie del tutto diversa, Malania anjounae (nome derivato da Daniel François Malan, primo ministro del Sudafrica ai tempi, e dall'isola di Anjouan), ma in seguito si scoprì che la mancanza della pinna dorsale era dovuta soltanto a un incidente avvenuto in giovane età all'esemplare. Ironicamente, Malan era un creazionista, e dopo aver scoperto che il supposto antenato di tutte le forme di vita terrestri era stato battezzato col suo nome, ebbe una reazione di insofferenza e disgusto.

La seconda specie

Nel 1997, Arnaz e Mark Erdmann stavano godendosi la loro luna di miele in Indonesia quando, al mercato di Manado Tua sull'isola di Sulawesi, si accorsero della presenza sulle bancarelle di quello che sembrava un gombessa, ma era marrone anziché blu. Dopo che un esperto ebbe notato la foto del pesce da loro pubblicata su internet, si procedette ai test del DNA, che dimostrarono che quella specie, chiamata dagli indonesiani Rajah laut (re del mare), non era collegata al celacanto delle Comore. Da allora la nuova specie fu chiamata Latimeria menadoensis.
L'area marina protetta di St. Lucia in Sudafrica [modifica]
Il 28 ottobre 2000, nelle acque protette dell'area di St. Lucia, al confine con il Mozambico, i tre sommozzatori Pieter Venter, Peter Timm, e Etienne le Roux trovarono un celacanto alla profondità di 104 metri. Dopo essersi autorinominati "SA Coelacanth Expedition 2000", il gruppo ritornò alla carica, questa volta dotato di equipaggiamento fotografico e altri sommozzatori pronti a seguirli. Il 27 novembre quattro di essi (Pieter Venter, Gilbert Gunn, Christo Serfontein e Dennis Harding) trovarono 3 celacanti, dei quali uno era lungo tra 1,5 e 1,8 metri, mentre gli altri misuravano circa 1/1,2 metri. I subacquei riuscirono a fotografare e filmare gli animali, ma purtroppo una volta riemersi Dennis Harding morì a causa di un'embolia cerebrale nello sforzo di aiutare Christo Serfontein che aveva momentaneamente perso conoscenza.
Fra il marzo e l'aprile del 2002, il sommergibile Jago e il gruppo di sommozzatori Fricke Dive Team riuscirono a trovare nella stessa zona un gruppo di 15 celacanti, di cui una femmina incinta, riuscendo anche a raccogliere campioni di tessuto degli animali.

mercoledì 20 febbraio 2008

Origine della VITA

Origine della vita
Il modo con cui si è formata la vita sul nostro pianeta rappresenta un problema ancora non completamente chiarito, anche se da più di un secolo sono state formulate ipotesi e si sono moltiplicati gli esperimenti, volti a verificare l'una o l'altra congettura.
La vita si è sviluppata rapidamente sul nostro pianeta: resti di stromatoliti fossili risalgono a 3.55 miliardi di anni, tracce di Archibatteri sembrano databili a 3, 8 miliardi di anni e depositi di Carbonio arricchiti di carbonio-12, indizio di attività biologica, sono forse più antichi. Dal momento che la terra, nel primo mezzo miliardo dalla sua formazione, doveva essere inospitale, il tempo che la vita ha avuto a disposizione per formarsi è estremamente limitato, tanto che molti scienziati hanno formulato l'ipotesi che essa si sia formata in altre regioni dello spazio e poi sia giunta nel nostro pianeta, anche perché su molti corpi celesti sono stati trovati composti organici; la formazione spontanea di molecole organiche è una possibilità ampiamente verificata sia nelle più diverse condizioni sperimentali che su materiali provenienti da altri pianeti o dallo spazio.
Per molti anni gli studiosi si sono divisi fra chi sosteneva che erano sorte per prima strutture in grado di autoreplicarsi e chi, invece, propendeva per l'iniziale nascita del metabolismo, molti oggi pensano che vi sia stata la nascita pressoché contemporanea di un metabolismo e di entità autoreplicanti.
Un problema da risolvere è quello relativo al reperimento di fonti energetiche stabili e di catalizzatori affidabili che consentissero la formazione di polimeri specifici con legami simili a quelli presenti attualmente e una possibile soluzione può essere offerta dall'ipotesi di una "pizza primordiale". Il sorgere della vita, secondo molti scienziati, è stato un evento ineluttabile, iscritto nella stessa materia e lo stesso ordine presente nei viventi sarebbe un fenomeno spontaneo.
Come si vede i problemi ancora aperti sono numerosi, malgrado il tema sia stato a lungo dibattuto, a partire dal primo accenno fattone da Darwin e le prime ipotesi degli inizi del Novecento di Oparin ed Haldane. Nei laboratori di Urey nacque la chimica abiotica, che cancellò l'idea che la chimica dei viventi fosse una chimica in qualche modo particolare. Da allora, molte molecole organiche sono state ottenute in laboratorio in diverse condizioni sperimentali e materiale organico è stato trovato negli spazi siderali e in ambienti in cui la vita sembrava impossibile, come quelli in prossimità delle bocche idrotermali presenti nelle profondità oceaniche.

Letteratura ed altre storie
Tra i problemi che ogni insegnante di scienze naturali ha davanti quotidianamente nel suo lavoro, due presentano un particolare rilievo: l’uno riguarda le forme e i modi dell’assimilazione da parte degli studenti delle conoscenze scientifiche che consentono di interpretare la realtà naturale; l’altro concerne la storicità che, accompagnando la formulazione dei paradigmi scientifici, invita a leggere lo sviluppo della scienza nel contesto della cultura di un’epoca e di una società.
Pensare di risolvere il primo problema integrando il manuale con l’uso anche sistematico del laboratorio sarebbe riduttivo e porterebbe gli studenti ad assimilare il lavoro scientifico ad una metodologia ingenuamente “verificazionista” e “induttivista”, da tacchino di Russell; d’altra parte, affrontare il secondo problema risolvendo la scienza nella cultura storica e quasi sommergendola in un generico “storicismo”, impedirebbe agli studenti di cogliere la specificità della conoscenza scientifica e, nel caso della nostra disciplina, di evidenziare la peculiarità delle questioni teoriche e metodologiche ad essa connesse.
Come fare dunque per promuovere un apprendimento consapevole e motivato, che permetta di evitare i pericoli così dell’induttivismo ingenuo come di una cultura alla melting pot? Come fare per risvegliare l’attenzione per la disciplina e sostenere l’interesse per continuare a coltivarla? Come fare a precisare il contesto culturale in cui una teoria si è sviluppata?
Per affrontare questi interrogativi senza semplificare, può essere utile prendere in considerazione, oltre ai mezzi tradizionali- manuale + laboratorio- l’opportunità di ricorrere a strumenti diversificati di “navigazione”, attraverso i quali compiere esplorazioni in territori altri -figurativi, letterari, artistici-, ma dai quali “ si ritorna” alla disciplina quasi “riscoprendola” in termini di avvertita problematicità, e di maggiore consapevolezza circa il significato delle leggi e delle teorie apprese: incursioni e itinerari in altri contesti, che possiedono registri e linguaggi diversi da quelli propri del metodo e dei termini scientifici, ma che possono risvegliare il pensiero, attivare l’interesse, sollecitare approfondimenti, suggerire prospettive di ricerca.
Né va tralasciata l’importanza di almeno due tra le ricadute didattiche non secondarie che questo tipo di lavoro può presentare:
la prima riguarda la maggiore vicinanza tra le discipline (si adopera volutamente questo termine, per evitare gli equivoci di una interdisciplinarietà che- pressoché sempre- sacrifica le specificità disciplinari);
la seconda è collegata alla formazione complessiva della personalità dello studente, perché gli itinerari sopra ricordati -quadri, racconti, romanzi, saggi- richiedono l’interazione tra l’ intelligenza, la fantasia, l’immaginazione, le emozioni
Relativamente al primo punto, nella scuola si fa ancora sentire la separazione delle culture, umanistica e scientifica e ogni docente lavora facendo appello a quelle conoscenze “enciclopediche” che gli studenti dovrebbero possedere: quando vengono lette, insieme ad insegnanti di materie umanistiche, pagine di Cartesio, Manzoni, o Darwin, ad esempio, si fa implicitamente riferimento a una presupposte informazioni “enciclopediche” posseduta dallo studente, ma non sempre queste informazioni esistono, o, quando ci sono, non vengono ripescate e messe in relazione con ciò di cui si parla nell'ambito di un'altra disciplina, tanto che lo stesso Darwin studiato a filosofia è altro rispetto a quello fatto a biologia; ancora, malgrado la letteratura del Novecento sia ricchissima di scrittori, la cui formazione iniziale è stata di tipo scientifico (basti citare Gadda, Musil, Primo Levi), la separazione fra le culture consente che difficilmente ci si spinga ad introdurre argomenti di chimica utilizzando ad esempio Il sistema periodico di Levi, o ad inserire Mitosi e Meiosi di Calvino, parlando di biologia; in questo modo, certi autori perdono larga parte del loro fascino, oppure, certi loro percorsi vengono completamente tralasciati nell'insegnamento umanistico perchè troppo difficili.
Relativamente al secondo punto, la teoria evoluzione, che rappresenta il quadro di riferimento essenziale ed indispensabile a qualunque argomento scientifico, si presta particolarmente bene al tipo di itinerari proposti in questa ipotesi di lavoro, anche perché proprio per la sua natura propone risposte, pur parziali e provvisorie, a domande esistenziali che gli adolescenti da sempre si sono posti (chi siamo, da dove veniamo ). È anche una teoria che molti studenti hanno difficoltà ad accettare, proprio perchè le loro preconoscenze li hanno convinti di tutt'altro, che cioè l'uomo non può essere paragonato a nessun animale, o che comunque esso è al vertice di quella ideale scala, che dal protozoo giunge alle stelle, insomma, come per Panglosso ... i nasi son stati fatti per portar gli occhiali, infatti ci sono gli occhiali. Le gambe sono evidentemente istituite per esser calzate, ed ecco che ci sono i calzoni. Le pietre sono state formate per essere squadrate, e per farne castelli...
Siamo di fronte alla convinzione incrollabile e consolatoria di uno sviluppo lineare e progressivo della vita, difficile da mettere in crisi e sostituire. Ritengo che al di là della conoscenza tecnica dei vari meccanismi che hanno determinato la micro e la macro evoluzione, sia importante mettere in evidenza, qualunque tema biologico venga affrontato, la "anima1ità" dell'uomo, la sua stretta dipendenza dagli altri organismi e, tutto sommato, la sua marginalità, pur mettendo in risalto che lo sviluppo della coscienza è stato l'avvenimento più sconvolgente della storia della vita sul nostro pianeta, se non altro perchè ne siamo direttamente coinvolti.
Questi sono i motivi per cui riterrei utile far leggere agli studenti libri di letteratura, affidati loro durante le vacanze estive e successivamente discussi in classe ad inizio dell'anno scolastico; è chiaro che sarebbe auspicabile svolgere questo lavoro con la collaborazione di altri docenti del corso, ma questo, in genere si è sempre rivelato solo un pio desiderio. La mia relazione verterà su alcuni esempi, alcuni pensati per studenti di scuola media o di biennio, altri adatti ad un triennio superiore.
Gli autori che verranno esaminati sono per la scuola dell'obbligo Frances Burnett e Jack London, mentre i percorsi suggeriti per il triennio riguardano Joseph Conrad, Samuel Butler, H. G. Wells ed Italo Calvino.
In questo contesto è doveroso citare almeno uno fra gli scienziati che si sono cimentati in racconti sull'uomo primitivo, Bjorn Kurten, con la sua splendida saga familiare di cui sono protagonisti i Cro Magnon e i Neanderthal.
Per quanto riguarda le incursioni in storia dell'arte è doveroso fare almeno un piccolo accenno ad Aby Warburg e all'influenza che su di lui ebbe il lavoro L 'espressione delle emozioni nell'uomo e negli altri animali di Charles Darwin.




Preso da Wikipedia